Terra di frontiera


Uscita ieri per la prima volta per andare a votare.
Ero chiusa in casa da lunedì scorso.
Motivo della segregazione: l’influenza, voci di corridoio dicono che quella di quest’anno fosse generata dal famoso ceppo H1N1, pare.

La famigerata aviaria che già conosciamo dagli allarmi degli anni scorsi.
Non trovo molto interessante sapere come si chiama il virus che ho incontrato.

Interessante invece è che ci ho messo tre giorni per riuscire ad alzarmi da letto e altri tre per ricominciare a salire le scale.

Erano parecchi anni che non mi succedeva di ammalarmi.
Ogni tanto fa bene, è una verifica che ci vuole.
Basta l’influenza e di colpo il nostro ruolo sociale, la nostra occupazione nel mondo, la nostra mente brillante, scompaiono.

Esiste soltanto il corpo dolente, con esigenze perentorie. Tutto il nostro tempo occupato dal dolore. Tutta l’attenzione impegnata nei movimenti più banali, assorbita dalle necessità fisiologiche.
Le conversazioni con le persone intime, che sfidano il contagio e si occupano dei nostri bisogni di base, vertono solo su particolari insignificanti della vita corporea.
Il resto del mondo si allontana e smette di avere importanza.

Spesso ho pensato a chi è in una situazione di malattia per lungo tempo.

Ho pensato alle persone anziane, a tutti i mali che si accompagnano alla vecchiaia, quando non c’è una guarigione in cui sperare.
E’ un confronto difficile da reggere quello con il proprio corpo.
Ringrazio di questa opportunità che mi ha dato il virus di fare un po’ di esperienza.

 In questi giorni non ho mangiato nulla, però ho bevuto tanto succo di mela caldo con limone e zenzero fresco. A colazione, pranzo e cena.
Indescrivibile conforto psicologico: bere il succo di mela era uno dei tre momenti up della giornata.

Quando sono riuscita a reggermi in piedi per almeno dieci minuti mi sono preparata la mela cotta con il kuzu, mangiarla tiepida mi ha avvicinato all’estasi.


Tagliare la mela a pezzetti dopo averla sbucciata, metterla in un tegamino con poca acqua e sciogliervi un cucchiaio di kuzu, portare a bollore mescolando e far cuocere cinque minuti.

Forse qualcuno si starà chiedendo cosa è il Kuzu. E’ un amido ricavato dalla radice della Pueraria Japonica, pianta rampicante che cresce nei terreni vulcanici. Viene utilizzato in cucina per addensare zuppe, minestre e dolci, ma soprattutto per le sue grandi proprietà curative.
Il suo amido disinfiamma, lenisce e stimola la guarigione di tutto il tratto digerente. Svolge attività trofica e tonificante a livello del colon.

Come rimedio, il kuzu si rivela utilissimo nei casi seguenti:

  • Affaticamento generale. Il kuzu allevia la stanchezza ed accresce la vitalità.
  • Disturbi intestinali cronici, in particolare diarrea.
  • Raffreddori. I raffreddori dipendono spesso da un intestino debole o dalla stitichezza.
  • In caso di febbre, il kuzu tende a far abbassare la temperatura corporea.
  • E’ ottimo per le persone che non possono ingerire cibi solidi.

L’altro rituale fisso, almeno due volte al giorno, era il cataplasma con la pappetta di farina di lino e zenzero secco.

Ora sto meglio, da ieri non ho più febbre, probabilmente domani ricomincerò ad uscire.
Ci vado un po’ cauta con il ritorno al mondo.

Dopo un periodo di prigionia si è sempre piuttosto restii ad abbandonare la gabbia.

Mi è rimasta una tosse profonda e molto poco corretta, socialmente parlando.
Silvia dice che devo usare lo sciroppo di daikon.
Daikon grattugiato e miele lasciato a macerare per un giorno, domani lo compro e me lo faccio.

Ci sono anche privilegi quando si è ammalati, mentre si sta molto male non si considerano ma quando si ricomincia a stare bene si assaporano con piacere.
Poche responsabilità, pochi contatti, moroso più affettuoso.
Si osserva il mondo caotico di quelli che stanno bene e sono incalzati dagli impegni tutto il giorno. Siamo proprio sicuri di essere già guariti?

Dalla terra di frontiera della convalescenza.

Lorella