Deriva filosofico-sprituale sulla malattia


Mi ha fatto riflettere un commento scritto sul blog da un lettore ed amico. L’articolo era questo. E il commento è sotto l’articolo.

Si parlava di malattia.
E’ una nostra intima necessità cercare di trovare una causa diretta agli eventi della realtà.
Ma la realtà che viviamo non si dispiega in modo diretto.

Non succede spesso che ad una azione singola segua un unico e conclamato effetto diretto.
Le cause di ogni evento sono molteplici ed intrecciate, e non sempre ci è possibile comprenderle.
La maggioranza dei nostri stessi comportamenti non ci è chiara.
Siamo avvolti spesso in una nube di inconsapevolezza, brevi lampi ci illuminano e abbiamo visioni parziali, su quelle costruiamo congetture e teorie.
E’ vero che in qualche momento di grazia uno squarcio di chiarezza ci mostra brevemente un quadro più vasto, ma non sempre siamo in grado di coglierlo.

Perché tutto questo discorso?

Perché credo che sia presuntuoso pensare di identificare una causa diretta per un evento tanto complesso come una malattia.
E’ un tentativo comprensibile, ci serve per acquietare la nostra paura dell’ignoto.
Ci serve per rassicurarci del fatto che se faremo tutto per il meglio niente di male potrà accaderci.

L’eredità culturale che ci portiamo dentro e che ci spinge a credere in una realtà meccanicistica fatichiamo a distinguerla… ci facciamo portare volentieri perché risponde a questo nostro bisogno di rassicurazione.

E’ una credenza illusoria però, teniamolo presente.

Credo fortemente che alimentarci in modo sano sia una “via”, un modo per prenderci cura di noi stessi, degli altri a noi vicini, del mondo intorno a noi.
Credo che sia una responsabilità da assumerci e da portare avanti al meglio, con dedizione e impegno.

Nello stesso tempo però mi è chiaro come questo cammino che porto avanti con convinzione non possa mettermi al sicuro e garantirmi la liberazione dalla sofferenza, dal dolore, dalla malattia, dalla morte.

La condizione di vita terrena non permette a nessuno di noi di trovare garanzie.

Questo mi porta ad una riflessione sulla gratitudine, gratitudine profonda per tutto ciò che quotidianamente ricevo.

Tutti noi riceviamo ogni giorno molto, ogni respiro che compiamo ci è donato senza che ne conosciamo il motivo.
Per me è importante accorgermene.
Fermarci a considerarlo può essere un buon lenitivo per l’ansia che ci accompagna, per quel desiderio di controllo che ci spinge a trovare spiegazioni dove c’è solo la nostra abissale ignoranza da contemplare.
Provare gratitudine mi aiuta a trovare fiducia, mi consolida nella fede che sento.

Provo a racchiuderla in una frase:
Tutto ciò che ci succede è esattamente ciò che abbiamo bisogno di vivere;

è ciò che serve per permetterci di superare un passaggio della nostra crescita che, in qualche punto, si è fermata.
Anche se la mia comprensione non è in grado di cogliere il senso di ciò che mi accade mi affido a quello che sento come un benevolo disegno di fondo che governa la Vita, in tutte le sue manifestazioni.

Questo benevolo disegno lo sento operante, e credo che, quando compiamo azioni nella nostra vita quotidiana, animati da benevolenza verso gli altri, si realizzi la manifestazione umana di questo benevolo disegno.

Questo mi aiuta a procedere sul mio cammino con passione e impegno.
Senza aspettarmi però dei risultati sicuri e garantiti.

Scusate la deriva filosofico spirituale…ogni tanto ciò che urge va lasciato uscire.

Prometto che il prossimo post sarà una ricettina!!!

Lorella

 

 

 

 


Commenti (5)

  1. Mercedes Viola

    Queste derive filosofico spirituali non le sento fuori campo, off topic nel linguaggio dei forum, per me sono anche queste nutrimento, tanto quanto le ricette, e ti sono grata per la condivisione

    Pensavo leggendoti anche ai vaccini, ogni volta ne propongono dei nuovi, come se si potesse e si dovesse evitare tutto a tutti, anche la comunissima varicella ad un bambino sano, alla ricerca di una sicurezza che mai ci sarà.

    “Tutto ciò che ci succede è esattamente ciò che abbiamo bisogno di vivere”
    Mi tengo questa frase per i momenti in cui ne avrò bisogno, e riempo con lei il dolore e l’incertezza di momenti passati.

    Grazie di cuore
    Mercedes

  2. Alice

    Grazie Lorella,
    il tuo articolo era doveroso per aprire un pò i sipari delle nostre coscienze e guardare direttamente sulla scena. Sarebbe bello che il cibo fosse tutto, potesse curare tutte le malattie e i malanni del corpo e dell’anima. Ma di nuovo saremmo in una visione completamente allopatica di noi stessi e dei nostri simili. “Hai questo allora ti somministro questo”, sempre e comunque. Pillola, sciroppo o… zuppa di miso. Concordo con te, l’alchimia del nostro “benestare”è davvero un’altra, misteriosa e differente per ognuno di noi. Una specie di caccia al tesoro per cui a volte trovi proprio il biglietto “rimedio omeopatico”, a volte “compressa ogni otto ore”, a volte “crema di riso per una settimana”, a volte, le migliori,
    una “bella chiacchierata con un’amica vera”. Sembra difficile, anzi lo è perchè crearsi una fede terapeutica in cui credere è più semplice. Non si sgarra mai e il gioco è fatto. Almeno nella nostra mente. Ma siamo proprio sicuri che percepire la carne o i latticini o un panetto di tofu come una mina vagante o addirittura un cancerogeno ci garantirà la salute?Io non lo sono e attendo che qualcuno mi dica che lui lo è per capire se sbaglio.Il vostro approccio mi piace proprio perchè salvaguarda la libertà, rispetta la la bellezza e il piacere, insegna la moderazione e la generosità. Alice

  3. Luca Chiesi

    Ciao Lorella!
    Trovo ciò che dici molto vero; e anche l’obiezione di Alice (ciao Alice!) mi ha colpito.

    La riflessione che ne è nata è stata questa: serve un vocabolario comune per comunicare e per capirsi al meglio; così come a maggior ragione serve anche un “vocabolario filosofico” in comune, per gli stessi motivi; sennò si corre il rischio di non poter comunicare non perchè non ci sono le parole, ma perchè le stesse parole vogliono dire cose diverse per chi le scrive e per chi le legge. Secondo me siamo tutti d’accordo, ma semplicemente stiamo usando parole diverse e osservando solo una parte del quadro complessivo.

    La visione del mondo che trovo più completa e pratica in assoluto è quella relativa ai 7 livelli del giudizio, di cui ha parlato diffusamente Ohsawa.
    Partendo da questo punto di vista, e cioè che i livelli della realtà, in ogni fenomeno, sono sempre 7 (meccanico/fisico, sensoriale, sentimentale/emotivo, intellettuale, sociale, ideologico, supremo), mi sembra vero sia che in tutti i problemi strettamente fisici (con eccezioni, è chiaro) è il cibo che ci garantisce la salute o la malattia, sia che IN TALE PARTE di realtà tutto funziona per causa-effetto; peccato che ce ne siano anche altre 6!…
    La “bella chiacchierata con un’amica vera” può essere una cura perfetta per la parte sentimentale/emotiva della nostra vita; così come aiutare qualcuno in difficoltà lo può essere per la nostra parte sociale; e trovare un senso alla nostra vita lo può essere per la nostra parte ideologica; ed imparare ad amare tutto e tutti è la cura definitiva per l’anima.
    Il fatto è che questi aspetti sono un tutt’uno, e quindi non si può ottenere nulla di definitivo se non si agisce a tutti i livelli.

    Io comunque non sottovaluterei l’importanza pressochè totale che ha il cibo (insieme al movimento) relativamente alla nostra salute fisica. Senza però dimenticare che in realtà il lavoro duro, come sottolineava Ohsawa, è risvegliare il proprio giudizio.
    Il proprio basso giudizio… quello SI che è la causa di tutte le malattie, fisiche, mentali e spirituali.

    Guarire da un tumore è facile.
    Lo è meno guarire dalla propria arroganza, o dal proprio esclusivismo. No?

    Grazie per questi post così “intensi”, tra una ricetta e l’altra… Ciao!!

  4. lorella braglia

    E’ bello potersi confrontare su argomenti così “spessi”…anche dalle pagine di un blog
    Ciò che scrivete mi aiuta a chiarire meglio, con me stessa soprattutto, il senso profondo delle mie e vostre riflessioni.
    Grazie a tutti, è un grande dono sapere che c’è qualcuno che “ascolta”.

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